giovedì 30 settembre 2010

Inverno 1708 = inverno 2010/11 CORSI E RICORSI STORICI

 

Nel dicembre 1708 il freddo si impadronì della Russia fortemente, portando un gelo inusuale anche per tali regioni. Poi si "gonfiò" e si verificò il cosiddetto Anticiclone Termico Russo, fenomeno non presente negli ultimi anni. Nella notte dell'Epifania, tra il 5 e il 6 gennaio 1709, irruppe tenacemente in Europa.

Ne conseguì un evento di portata eccezionale, che colpì in particolar modo l'Europa Centrale e Mediterranea, ma quasi nessuna area del Vecchio Continente venne risparmiata (probabilmente solo la Scandinavia, in un secondo momento, riuscì a rimanere isolata dall'onda gelida, poiché divenne sede dell'Anticiclone): in poche ore si gelarono fontane, pozzi, rivi e anche piccoli laghi, vi furono abbassamenti repentini fino a 20°, anche le regioni meridionali furono colpite duramente. In breve ghiacciarono tutti i fiumi europei, compresa la Senna, il Rodano e pure l'Ofanto; stessa sorte toccò a laghi e lagune: il lago di Garda venne attraversato da carri pesanti, unica volta nella storia, così come pure la Laguna Veneta; nemmeno il mare fu risparmiato e rimasero intrappolati nei ghiacci porti mediterranei come quelli di Genova e Marsiglia; gelò addirittura la foce del Tago a Lisbona: il record freddo certificato del XX secolo per questa città è -1.1°, con il quale si congela appena un bicchiere d'acqua.

A Roma tra il 6 e il 24 gennaio nevicò 10 volte, in Pianura Padana ne cadde 1 metro e mezzo; si raggiunsero temperature eccezionali: a Parigi -23.1° nel centro e -25°/-26° nei sobborghi e per 10 giorni non si salì mai sopra -10° con minime sui -20°; a Venezia -17,5° con forte bora (il record del XX secolo è -13,6° misurati nel 1963); a Berlino -29.4° e nelle campagne intorno -35° e la media del mese fu -13.2° (seguono i -11.6° del gennaio 1823), svariate giornate dove non si superarono i -20°.

Ovviamente con un simile gelo le piante non resistettero: si seccarono tutti gli ulivi e gli altri frutti e addirittura intere foreste, dato che neppure gli alberi cresciuti spontaneamente erano resistenti a ciò. In Emilia-Romagna giunsero a seccare gli alberi di melo, susino, noce e ciliegio, piante che generalmente resistono fino a temperature di -40°. Un dubbia misurazione di -36° a Faenza (probabilmente registrato nei dintorni) sembrerebbe confermare questi valori. Si ipotizza che una -22° a 850 hPa (circa 1450 metri di altezza) sia entrata stabilmente nella Pianura Padana (nel 1985 è arrivata una -15° con -16°/-17° a nord-est, tra l'altro con durata nettamente inferiore) e valori nettamente inferiori ai -10° a 850 hPa siano arrivati fino all'estremo Sud con punte estese di -14-16°, sempre a tale quota, tanto quanto basta per misurare giornate di ghiaccio anche sulle coste Tirreniche, oltre ovviamente su quelle Adriatiche (oltretutto in quel periodo le isole di calore non eran come quelle attuali).

A fine mese, dopo il 26 gennaio, vi fu una risalita, accentuata in Francia: a Parigi piovve, anche se era pioggia fredda; la Laguna Veneta si liberò dal gelo completo il 29 gennaio (pezzi di ghiaccio galleggianti rimasero). A inizio febbraio ritornò il gelo, molto forte, anche se non ai livelli di gennaio; tuttavia gelarono molti fiumi e laghi che si erano temporaneamente liberati. Continuò fino a marzo e, nelle regioni a Nord, fino ad Aprile (in questo mese il mar Baltico era ancora congelato), anche se vi furono molte riprese successive; in Germania vi furono notizie di gelate fino ad inizio Luglio. A Berlino Febbraio ebbe una media di -6.9° con una punta di -26°; Marzo una media di 0.2 ma si contarono ben 22 minime sotto lo 0°. L'inverno, se consideriamo l'intero trimestre dicembre (media di -4.5°), gennaio e febbraio ebbe la media di -8.2°, il più freddo da quando iniziarono le misurazioni nel 1701, seguito dal 1829/30, con -6.6°.

martedì 14 settembre 2010

“il raggio della morte” è la scoperta del Prof. Dino Dini

 

Un "raggio della morte" venne progettato ed eseguito inizi del 2000 dal CISAM (Centro Interforze Studi Applicazioni Militari) di Pisa. L'invenzione ad opera di Dino Dini, era in grado di bloccare qualsiasi motore nel raggio di un km un km e mezzo.

Pisa, un'arma contro gli scafisti
- Scariche elettromagnetiche per mettere fuori uso i motori.
- Il dispositivo, collocato su elicotteri, navi o motovedette, sparerebbe raggi a un chilometro di distanza o poco più

PISA. Circa quindici anni orsono c'è stato un incidente a seguito del quale è precipitato al suolo un elicottero dei Carabinieri. I periti accorsi stabilirono il nesso causale nella vicinanza dell'elicottero ad un campo magnetico, che avrebbe con unfascio bloccato il motore. da qui iniziarono gli studi per mettere a punto il meccanismo annunciato in questi giorni in grado di sparare raggi invisibili elettromagnetiche in grado di bloccare i motori delle navi, motoscafi e quanto altro. Il marchingegno, messo a punto dai  ricercatori del «Centro interforze studi per le applicazioni militari» (Cisam), che ha sede a San Piero a Grado, alle porte di Pisa, starebbe per essere dato in dotazione alla nostra Guardia Costiera.
Un progetto, questo, che parte da lontano e che, per motivi di segretezza militare (la sperimentazione, tra l'altro è stata condotta assieme alla Polizia di Stato) non può ancora essere divulgato nei suoi dettagli. Di sicuro si è appreso dell'efficacia di quest'arma elettronica che, in realtà, arma non è, dato che non produrrebbe (e qui è bene usare il condizionale) nessun danno agli essere umani, concentrando la sua azione distruttrice alle componenti elettroniche dei motori, siano essi a benzina, miscela, gasolio ed idrogeno.
«Il Cisam ha i migliori uomini e le migliori attrezzature, non solo per l'Italia, per raggiungere certi obiettivi scientifici», dice l'ingegnere Dino Dini, dell'Università di Pisa, per due decenni direttore scientifico del Cisam, ed a lungo consulente della Nasa.
«Gli studi sulla compatibilità elettromagnetica vengono svolti da molto tempo. Verificando le reazioni di scariche elettromagnetiche sugli apparati elettronici dei mezzi militari, abbiamo potuto verificare, più volte, come questi subissero anomalie. Prove in genere effettuate nella camera schermata "semianecoica", tra quelle più grandi oggi esistenti, dove trovano posto anche grandi tank come il "Leopard", hanno fornito risultati sorprendenti, confermati anche dalle successive prove effettuate nel grande poligono denominato Emp, situato all'interno del Cisam, struttura tra le migliori del mondo, dotata di complesse strumentazioni che consentono di "colpire" con precisione anche mezzi ancora più grandi».
«Ritengo - prosegue Dini - che questo generatore di scariche elettromagnetiche sia oggi perfezionato a tal punto che una volta collocato a bordo di un mezzo quale una nave, una motovedetta, un elicottero, dove non occuperebbe grande spazio, possa essere utilizzato senza far male a nessuno per spegnere definitivamente i motori di qualsiasi mezzo colpito, in specie quelli di superficie, sparando da una distanza di 1 chilometro o poco più, in pratica operando a vista».
Ma se il fascio di onde fosse dannoso per le persone?
Il direttore dell'Arpat di Livorno lancia l'allarme: apparecchio potente e forse impreciso
Gaetano Licitra, direttore di fisica ambientale dell'Arpat di Pisa e di Livorno, a titolo personale, si esprime così sul "Il Tirreno" del 13 novembre c.a., sulla possibilità di utilizzo di un'apparecchiatura simile e sulla presunta inoffensività per l'uomo. «Il fenomeno - dice - è notorio così come gli studi in tal senso sono in quasi tutti i casi di derivazione militare. E' questo un tipico esempio che ci può ricondurre alle situazioni di guerra elettronica tra le due superpotenze. Il principio su cui si dovrebbe basare l'apparecchio consiste nell'indirizzare con un apparecchio simile ad un'antenna un fascio elettromagnetico così potente da trapassare le schermature che sono a protezione dei sistemi elettronici di gestione della funzione dei motori. Qui sta il punto. Proprio a causa degli elevati incrementi e sbalzi di campi elettromagnetici che conosce il pianeta, causati dall'elevato numero di ripetitori televisivi ed antenne di telefonia cellulare ed altri fenomeni ancora, le industrie provvedono ad aggiornare di continuo le schermature protettive per ovvi motivi di sicurezza. Il fascio di onde elettromagnetiche deve quindi essere di elevata potenza. Qui - aggiunge Licitra - entra in gioco la salute di quanti possono essere investiti dai raggi. Il sistema messo a punto dalla Cisam dovrebbe essere collimato; funzionare a puntamento come un laser. Ma non basta. Quanto più l'oggetto da investire si allontanerà dalla fonte emittente che necessiterà di un potente generatore di segnale, tanto più il fascio tenderà ad allargarsi, diminuendo quindi in precisione e con il conseguente interessamento di persone o cose estranee all'operazione. Sicuramente l'apparecchio del Cisam sarà stato sperimentato - conclude - e non posso che esprimere un apprezzamento per le attività di ricerca svolte dal centro ma sulla inoffensività dell'apparecchio per la salute umana, dai dati a me resi noti, non posso che esprimere perplessità».

fonte: http://lists.peacelink.it/disarmo/2005/03/msg00030.html

I cinesi di Prato che lavorano giorno e notte ormai dettano legge sul marchio made in Italy

I cinesi rifanno il marchio della moda "Made in Italy": hanno trasformato Prato in una capitale manifatturiera di fascia bassa, indebolendo la capacità dell'Italia di commercializzare i propri prodotti esclusivamente come capi d'alta gamma. E' quanto scrive il New York Times, in un reportage sul caso Prato pubblicato oggi in prima pagina e in apertura del suo sito web.
L'ampio servizio di Rachel Donadio punta i riflettori su un fenomeno che alimenta risentimento nella cittadina toscana e ha visto di recente un aumento dei controlli della polizia nelle imprese degli immigrati cinesi.

Prato «ospita oggi la più grande concentrazione di cinesi in Europa – alcuni sono legali, molti di più non lo sono», scrive il Nyt. I lavoratori cinesi «lavorano giorno e notte in 3.200 imprese fabbricando vestiti, scarpe e accessori di fascia bassa, spesso con materiali importati dalla Cina, per venderli a metà prezzo a dettaglianti di fascia bassa nel mondo intero». Ciò è stato favorito dal fatto che in Italia ci sono «istituzioni deboli e alta tolleranza per chi infrange le regole», osserva il quotidiano statunitense. Così i cinesi hanno offuscato la distinzione tra "Made in China" e "Made in Italy". Ma quello che più irrita gli italiani è che i cinesi «li battono al loro stesso gioco, l'evasione fiscale e i modi brillanti per navigare attraverso la complessa burocrazia italiana, e hanno creato un nuovo fiorente settore, anche se in gran parte sommerso, mentre molte aziende pratesi non ce la fanno».

E' l'ascesa del "pronto moda". I cinesi di Prato mandano in Cina, secondo la Banca d'Italia, 1,5 milioni di dollari al giorno, in gran parte proveniente dal settore del tessile e dell'abbigliamento. Utili di quelle dimensioni – si legge - non compaiono nelle dichiarazioni fiscali. Secondo alcuni funzionari locali, i cinesi preferiscono rimpatriare gli utili invece di investirli in loco. Le autorità – continua il quotidiano - dicono anche che la criminalità organizzata cinese e probabilmente italiana è in aumento, non solo per quanto riguarda le importazioni tessili illegali, ma anche il traffico di persone, le scommesse e il riciclaggio.

«Il resto dell'Italia guarda con attenzione» quello che succede a Prato, nota il Nyt.
Le tensioni sono aumentate: questa primavera le autorità hanno intensificato le incursioni nei laboratori che usano manodopera illegale, in giugno sono state controllate 100 aziende e arrestate 24 persone.

Il distretto di Prato sarà sull'agenda del Primo Ministro cinese Wen Jiabao,quando visiterà Roma in ottobre. Nel settore dell'abbigliamento, il numero di imprese italiane registrate a Prato si è dimezzato dal 2001 ora sono poco meno di 3.000. Duecento in meno di quelle di proprietà di cinesi. Prato, che un tempo era un importante produttore ed esportatore di tessuti, ora rappresenta il 27% delle importazioni tessili italiane dalla Cina. Su una popolazione totale di 187mila persone, Prato conta 11.500 immigrati cinesi legali, ma secondo le stime la città ha altri 25mila immigrati clandestini, in maggioranza cinesi.
Il cuore del "pronto moda" è nell'area industriale di Macrolotto, piena di grossisti cinesi. Rivenditori al dettaglio provenienti da tutta Europa riempiono i furgoni di abbigliamento "Made in Italy" per rivenderlo nel loro paese con un forte margine di guadagno. «Comprano in quantità relativamente piccole approfittando delle frontiere fluide dell'Unione europea e la maggioranza di loro evita di pagare dazi d'importazione».

Tra le imprese che lavorano a Prato il Nyt cita la Luma, fondata nel 1998, che produce "on demand": il titolare, Li Zhang said, afferma di avere esportato vestiti in 30 paesi, compresi Cina, Messico, Venezuela, Giordania e Libano. Ha venduto I suoi prodotti a Piazza Italia e a grossisti che hanno poi venduto a Zara, Mango, Top Shop e Guess.

Nel 2009, per la prima volta nel dopoguerra Prato ha eletto un sindaco di destra, Roberto Cenni. La sua campagna, nota il quotidiano, si è basata sulle paure dell'invasione cinese.
Il sindaco ha intensificato i raid verso le imprese cinesi. Nella prima metà di quest'anno, le autorità hanno fatto blitz in 154 imprese di proprietà cinese.Vari funzionari dell'ufficio immigrazione della polizia di Prato sono stato arrestati con l'accusa di avere preso tangenti in cambio di permessi di soggiorno.

Secondo Andrea Frattani, assessore al welfare della precedente amministrazione di centrosinistra, a Prato si sta assistendo a una "precisa strategia" del governo cinese di creare un punto d'appoggio economico in Europa. Alla domanda se sia così, l'ambasciatore cinese in Italia, Ding Wei, ha risposto di avere inviato dei consulenti a indagare e che la questione di Prato non dovrebbe avere impatto sulla cooperazione tra i due paesi.

di Elysa Fazzino                                                                   13 settembre 2010

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