martedì 23 settembre 2014

Stiamo seguendo alcuni test con “La macchina di Diego”

Molti blogger anno parlato di un inverno freddo con neve addirittura in arrivo a Novembre. Intanto, dopo la grandinata eccezionale che ha colpito il capoluogo toscano con un evento – una estesa grandinata – che a memoria d’uomo nessuno ricordava, oggi abbiamo assistito ad un evento meteo molto simile che ha imbiancato Venezia. Certo sono fenomeni abbastanza inusuali e violenti che preannunciano un autunno “diverso”, all’insegna del tema sul Climate Summit nel Palazzo di vetro dell'Onu a New York. A ciò si aggiunge il fatto che quasi tutti i siti meteo concordano sul fatto che per la tarda mattinata di domani l’italia centrale sarà interessata da piogge, che potrebbero localmente assumere un carattere di forte intensità. Cosa c’entra la macchina di Diego con tutto questo? Stasera seguiremo un esperimento teso a indebolire l’ondata di maltempo, riducendo le perturbazioni a deboli piogge, se non addirittura assenti. Come sarà possibile prevedere questa condizione più positiva del meteo? Ma grazie al monopolo magnetico positivo.. Ighina docet.

domenica 21 settembre 2014

Incredibile! acqua dall’aria, risolto il problema dell’acqua

WarkaWater. La torre che produce acqua dall’aria

Pensata per le aree dove non c'è accesso all'acqua potabile, questa struttura in materiali naturali è in grado di produrre 90 litri di acqua al giorno.

di Rudi Bressa

Il nome si ispira ai giganteschi alberi etiopi, i Warka appunto, le cui fronde accolgono il villaggio durante riunioni, feste, discussioni. Nello specifico si tratta di una struttura reticolare in bambù realizzata a mano, in grado di raccogliere acqua potabile dall’aria, tramite condensazione.

L’idea viene da due architetti, Arturo Vittori e Andreas Vogler, entrambi collaboratori dello studio Architecture and Vision, che hanno presentato il progetto alla Biennale di Venezia 2012. Progetto che ha riscosso molto successo, tanto che potrebbe entrare in produzione dal prossimo anno. La WarkaWater, come spiegano gli stessi architetti: “è pensata per le regioni montuose in Etiopia dove donne e bambini devono camminare per ore, ogni giorno, per raccogliere dell’acqua non sicura”.

La torre, alta 9 metri e che pesa appena 60 chilogrammi, è realizzata da 5 moduli che possono essere installati manualmente ed è in grado di raccogliere la preziosa risorsa grazie ad un speciale tessuto in polietilene. Secondo quando riferiscono gli stessi progettisti, la struttura è in grado di produrre più di 90 litri al giorno di acqua potabile.

“Non sono solo le malattie che stiamo cercando di affrontare. Molti bambini etiopi dei vilaggi rurali occupano gran parte della giornata diverse per procurarsi l’acqua, tempo che dovrebbero invece investire per attività più produttive ed educative”, ha dichiarato allo Smithsonian l’architetto Vittori. “Se siamo in grado di dare alla gente qualcosa che permetta loro di essere più indipendenti, potrebbero liberarsi da questo circolo”.

I costi di produzione, come riportato da Smithsonian.com, per ora si aggirano intorno ai 500 dollari (circa 380 euro), ma potrebbero scendere significativamente, se ci fosse una produzione su vasta scala.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

fonte: http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/warkawater-la-torre-che-produce-acqua-dallaria

mercoledì 17 settembre 2014

Rifiuti scomodi, trattiamoli con la dissociazione molecolare

Un lettore interviene nel dibattito sul termovalorizzatore che sorgerà a Parma

di Valter Abelli

L'approccio non ideologico ai temi ambientali, specialmente se riferito ai rifiuti, è indispensabile se si vuole trattare l'argomento in termini razionali. Per diminuire la produzione di rifiuti, diretti od indiretti,va da sé che bisogna ridurre i contenitori ed imballaggi, programmare meno rottamazioni, migliorare ed aumentare il ripristino e le manutenzioni, produrre e far consumare meno cose spesso inutili; non ci sono dubbi che tutto ciò riduce il residuo e minori sono i problemi legati al loro trattamento sia che si tratti di residuo riciclabile da riportare a bene utilizzabile sia che si tratti di residuo inutilizzabile e quindi da smaltire in discarica o da destinare alla produzione di energia.
Sono fra coloro che non fanno della ecologia la nuova divinità pagana ne propongo il riciclo per il riciclo anche se dannoso ma desidererei semplicemente la massima compatibilità e l' ambiente il più salubre possibile. Nessun preconcetto quindi all' inceneritore con la valorizzazione del calore che comunque è un passo avanti importante rispetto alla dispersione dei rifiuti nell' ambiente ed alle discariche che ritengo la soluzione peggiore.
L' ideale è individuare quelle soluzioni possibili che producano i minori oneri ed i maggiori vantaggi, per questo mi pare essenziale, per trattare i rifiuti non riciclabili, la introduzione di quegl' impianti che realizzano la dissociazione molecolare ad elevatissima temperatura che, operando in camera stagna e in assenza di combustione,garantiscono contro le emissioni di fumi in atmosfera ed il riuso delle scorie rese inerti dalla loro vetrificazione.
La tecnologia TWR e PYROMEX (brevettata anche in Italia) danno una puntuale risposta al problema. Una competizione reale fra inceneritore con valorizzazione del calore, anche di ultimissima generazione, e gassificatore ha un solo vincitore: il gassificatore sotto tutti gli aspetti, ovviamente con tecnologia o TWR o PYROMEX , per verificare quanto sostenuto si può visitare l’impianto di Monaco di Baviera.
In primo luogo il termovalorizzatore necessita di grandi dimensioni e sufficiente quantità di residuo, utilizza la combustione quindi genera fumi e ceneri con conseguenti emissioni tossiche in atmosfera, anche se ridotte, ed abbisogna di discarica per le ceneri non inerti mentre il gassificatore, di cui qui si fa cenno, elimina entrambi gli inconvenienti in quanto le "scorie" altro non sono che materiale inerte e riutilizzabile oltre naturalmente ad avere alcuna emissione in atmosfera, diverso è per gli impianti di pirolisi a basse temperature ( vedi EnerGo) che necessitano di una fase che prevede combustione. La purezza dei gas ottenuti dipende dall' impianto ma se ottenuti attraverso il processo di gassificazione a temperature ultraelevate, oltre i 1.500° C anche la loro purezza è molto elevata tanto che per renderli utilizzabili al pari del gas metano sono sufficienti un semplice acido ed un pulitore basico. L' impianto Pyromex poi monitora in tempo reale i componenti CO, CO2, H2, CH4 e registra i risultati su chip e quindi sempre controllabili.
Attraverso il sistema Pyromex si riesce a trasformare in gas il 99,96% dei materiali organici, va da sè, che pur potendo trattare qualsiasi tipo di rifiuto dal tal quale al monocomponente, maggiore è la quantità di materiale organico introdotto proporzionalmente maggiore è la quantità di gas ed energia ottenuti. La resa , in termini di energia, del sistema Pyromex per tonnellata di rifiuti con potere calorifico di circa 4.000 Kcal/Kg permette di ottenere 1.500 Kw di energia elettrica.
Il costo dell' impianto,che è modulare e può servire necessità da 5 a 5.000 ton/giorno, sia di istallazione che di funzionamento è fortemente più ridotto rispetto agli inceneritori con recupero di calore senza poi considerare gli spazi che sono di circa un decimo a parità di materiale trattato, ed ancora l' energia disponibile al netto dell' autoconsumo è di circa 2/3 rispetto ad 1/3.
L' altro grande vantaggio dell' impianto Pyromex o TWR, che va dovutamente considerato, è la caratteristica modulare ( 25 Ton/Giorno rendono l’impianto redditizio) per cui non è necessaria la grande struttura , la quale poi necessità di infrastruttere adeguate con conseguenti costi e congestioni viarie con relative emissioni,ma può essere collocato laddove si producono i rifiuti in strutture piccole e magari già esistenti ed inutilizzate, con impatto ambientale viario quasi inesistente e senza dover provvedere alla realizzazione od adattamento della rete di trasporto della energia elettrica se prodotta sul posto, inoltre, disponendo di più moduli funzionanti in parallelo, un eventuali guasto non pregiudica il funzionamento complessivo.

Gli impianti di decomposizione molecolare ( tecnologie TWR e PYROMEX), proprio per le caratteristiche positive( emissioni tossiche: zero, eliminazione della discarica,produzione energetica), hanno grande applicazione nel mondo, Europa compresa, mentre in Italia incontrano difficoltà e di ciò non si comprendono le ragioni specialmente se le motivazioni sono date da mancanza o carente sperimentazione.
Le sperimentazioni non si eseguono soltanto post-istallazione ma si eseguono pre-istallazione e specialmente quando godono di brevetto dispongono di dati elaborati,comunque disponibili e verificabili, nei laboratori e nelle varie fasi di esecuzione del progetto sperimentale.
La eventuale ragione che non si dispone di sufficiente conoscenza tecnica non vale per gli impianti Pyromex, già da tempo in funzione, un dato per dare la dimensione delle sue applicazioni: nel 2008 hanno ricevuto commesse pari a 1,84 miliardi di € a dimostrazione dell’ affidabilità dell’ impianto. Relativamente poi alle esigenze del territorio parmense va da sé che un impianto che elimini rifiuti, diversamente destinati alla discarica, va realizzato e stante l’ urgenza non esistono alternative pronte all’ impianto proposto avendo tra l’ altro superato i dovuti controlli di compatibilità ambientale oltre naturalmente aver espletato tutte le formalità burocratico-amministrative sempre lunghissime e laboriose.
Fin da ora però, penso, le autorità di competenza ,a cui anche la Conferenza dei Servizi deve dare il proprio contributo, devono mettere in cantiere subito un impianto di gassificazione dei rifiuti, naturalmente ad emissione zero, anche se di ridotte dimensioni ( il sistema essendo modulare può lavorare anche 5 Ton/giorno), per trattare residui eccedenti , rifiuti speciali o monocomponenti o servire alla bisogna di comuni scoperti di servizio. Una simile iniziativa potrebbe essere una risposta molto significativa alla costante ricerca della miglior soluzione per eliminare in positivo elementi di scarto di cui, nolenti, ci dobbiamo liberare.

 

fonte

domenica 14 settembre 2014

A Lamezia il riciclo fa risparmiare e intasa il supermercato

Piu' informazioni su: raccolta incentivante raccolta differenziata supermercati

supermercato lamezia riciclo

Riciclo intelligente e incentivante al supermercato. A Lamezia Terme la novità ha attirato così tante persone da intasare il punto vendita. Grazie alle speciali macchinette si possono riciclare lattine, bottiglie e altri rifiuti di plastica. Le macchinette erogano denaro (non contante) da spendere all'interno del supermercato per fare la spesa.

In pochi giorni si è sparsa la voce e le macchinette per il riciclo sarebbero state letteralmente prese d'assalto, dopo un primo momento di diffidenza. Iniziative simili sono già presenti in altri punti della regione, ma la speranza è che si diffondano, per incentivare la buona abitudine alla raccolta differenziata.

Le bottiglie e le lattine da buttare grazie alla macchinetta per il riciclo si possono monetizzare. Di certo si tratta di una buona occasione di risparmio, soprattutto in tempi di crisi. Durante la settimana i cittadini raccolgono i rifiuti e poi si recano al supermercato per fare la spesa, fanno la fila alle macchinette e ricevono uno scontrino che possono spendere subito nel punto vendita.

A Lamezia Terme davanti alle macchinette per il riciclo spesso si forma la fila. Magari il riciclo permette di risparmiare 30 o 40 centesimi alla volta, ma anche qualcosa di più, a seconda del quantitativo di rifiuti introdotti nelle macchinette intelligenti, pensate, ad esempio, per separare i tappi dalle bottiglie.

I cittadini si stanno impegnando a raccogliere la plastica e le lattine e a conferirle presso le macchinette in maniera corretta. Può darsi che, dato il successo dell'iniziativa, per loro il compenso aumenti. Sistemi simili nei Paesi nordici, come la Svezia e la Norvegia, sono in vigore da decenni. Negli ultimi tempi la raccolta incentivante si sta diffondendo anche in Italia. Ben venga, se può aiutarci a risparmiare denaro e risorse e a rendere il mondo più pulito.

Marta Albè

Fonte foto: lamezialive.it

sabato 13 settembre 2014

Quando fate la spesa “non compratelo”

 

I pericoli del dado da cucina: 4 buoni motivi per non usarlo

 

Il dado è onnipresente nelle cucine italiane, soprattutto perché occupa poco spazio, si mantiene a lungo ed è rapido e facilissimo da usare. C’è chi lo utilizza per preparare gustosi piatti a base di brodo e chi lo sfrutta per insaporire pietanze di ogni genere. Ma il dado da cucina è davvero sicuro? Secondo gli esperti, la risposta sarebbe no. Eccovi elencati 4 buoni motivi per non usarlo.

La vita moderna è molto frenetica. Quando arriva il momento di mettersi ai fornelli, un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo, tante persone finiscono per ricorrere a “trucchetti” per velocizzare la preparazione dei piatti. Uno di questi “trucchi” è il dado da cucina, un concentrato di gusto e sapidità che ci aiuta a rendere le pietanze più gustose e a preparare il brodo in pochi minuti.

Ma vi siete mai chiesti cosa c’è dentro il dado da cucina? O se questo può rappresentare un pericolo per la vostra salute? Cerchiamo di scoprire qualcosa in più sul dado da cucina e sui suoi aspetti negativi.

 

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Glutammato monosodico. Il dado da cucina contiene Glutammato monosodico, un esaltatore di sapidità da tempo sotto la lente d’ingrandimento degli studiosi. Questa sostanza è stata già bandita, per la sua pericolosità, dagli alimenti per l’infanzia, ma sembrerebbe non essere totalmente innocua neanche negli adulti. Alcuni studi, non del tutto confermati ed accettati dalla comunità scientifica, indicano il Glutammato monosodico come responsabile di effetti collaterali come nausea, vomito ed emicrania, collegati alla cosiddetta “Sindrome da ristorante cinese” (chiamata così perché i sintomi sono simili a quelli che insorgono dopo aver consumato del cibo cinese cattivo).

Sostanze chimiche. Il dado da cucina contiene ingredienti estratti chimicamente da scarti animali e vegetali. Vi basterà leggere l’etichetta per accorgervi della presenza di ingredienti dai nomi sconosciuti ed impronunciabili, proprio perché si tratta di sostanze chimiche e quasi mai naturali.

Grassi pericolosi. Il dado da cucina non è affatto leggero, come continuano ripeterci le pubblicità trasmesse in Tv. Si tratta, infatti, di un alimento molto grasso. Come potete verificare dall’etichetta del dado, il secondo ingrediente per quantità presente al suo interno è indicato con la dicitura “Grassi ed Oli vegetali”. Perché rovinare un risotto o un brodo di verdure aggiungendo Grassi inutili durante la cottura?

Sale. Un’altra problematica collegata ai dadi da cucina è l’enorme quantità di Sale che questi prodotti contengono. Come ben sappiamo assumere grandi quantità di Sale nella dieta fa male alla salute e anche alla linea!

fonte: http://www.improntaunika.it/2012/11/i-pericoli-del-dado-da-cucina-4-buoni-motivi-per-non-usarlo/

Attenzione alla farina bianca!

 

Attenzione alla farina bianca: i consigli per sostituirla

di Carmen Pasculli

Attenzione alla farina bianca: i consigli per sostituirla

Cosa si nasconde dietro l’aspetto apparentemente innocuo e la consistenza leggera della più comune e utilizzata farina bianca?

“Il più potente veleno della storia”. Per dirla con le parole del prof. Franco Berrino, ex direttore Dipartimento di medicina predittiva e per la prevenzione dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e consulente della Direzione scientifica.

La farina bianca, anche conosciuta come tipo 00, è il prodotto di un processo di macinazione industriale –ed è opportuno sottolineare “industriale”- che priva il grano sia del germe (cuore nutritivo del chicco contenente amminoacidi, vitamine, sali minerali) sia della crusca (la parte più esterna ricca di fibre). Con questo procedimento vanno perse alte percentuali di calcio, fosforo, ferro, magnesio, manganese, potassio e vitamina E. Ciò che resta è quello che vediamo, cioè una farina raffinatissima, privata dell’essenziale, a cui vengono aggiunti nutrienti sintetici come il bromato di potassio, carbonato d’ammonio e gesso, che la rendono bianca e conservabile a lungo. Ed ecco che non rimane più nulla se non l’illusione di aver acquistato un prodotto biologico. In realtà, la farina bianca è “un’invenzione” abbastanza recente, che risale solo a circa cinquanta anni fa.

L’aggiunta di queste sostanze chimiche, e gli zuccheri presenti nella farina, a seguito della raffinazione, farebbero aumentare in prima linea il tasso glicemico, quindi il diabete, esponendo così l’organismo al rischio di tumori. Le conseguenze dovute ad un consumo eccessivo avrebbero poi ricadute sul metabolismo e sull’apparato gastro-enterico e intestinale. La farina bianca, infatti, farebbe da colla depositandosi, a lungo andare, sulle pareti dell’intestino, rischiando l’occlusione di alcuni tratti.

Ma esiste un modo alternativo, più salutare di produrre farina?

Anzitutto diffidate dalle farine che sono in commercio nei supermercati. Potete acquistare farina direttamente dai mulini, preferendo la macinatura a pietra. Questo metodo consente di arginare la perdita delle sostanze nutritive e ridurre gli effetti negativi sulla nostra salute. La distinzione tra una farina macinata a pietra e la OO industriale consiste nel fatto che la prima è granulosa e color sabbia mentre l’altra ha l’aspetto del gesso.

Quindi la miglior farina consigliata è quella integrale, che ha tempi di conservazione più ridotti rispetto alla farina bianca ed è perciò più genuina. La farina integrale è preferibile a quella 00 perché ricca di fibre che aumentano il senso di sazietà e facilitano il transito intestinale, riducono il colesterolo, l’assorbimento dei grassi e il rischio di sviluppare tumori.

Bisogna aggiungere anche che la farina, e i prodotti da questa ottenuti, sono costituiti spesso da una di tipo 0, quindi non molto raffinata, dove è stata aggiunta un quantitativo minimo di crusca, già trattata. Il risultato è che prodotti, come il pane e la pasta, sono più nocivi perché sottoposti ad una doppia lavorazione! Occorre quindi assicurarsi che i cibi che consumiamo siano realizzati con una autentica farina integrale che si presenta con un colore scuro omogeneo; mentre quello pseudo-integrale è di base bianco e presenta dei puntini scuri dati dalla crusca. Il colore è quindi un altro indice importante.

Volendo proporvi più scelte possibili alla farina 00 ci siamo documentati e alla luce degli studi effettuati ecco una serie di alternative:

Farina di frumento integrale

È l’alternativa più semplice da reperire e da utilizzare in sostituzione alla farina di frumento di tipo 00, però con gli avvertimenti suddetti. La farina integrale può essere impiegata in sostituzione della farina 00 praticamente in ogni preparazione, sia dolce che salata, dal pane, alle torte, ai biscotti. A volte può risultare necessario ritoccare leggermente le dosi degli ingredienti liquidi nel corso delle ricette, in modo da ottenere impasti esattamente della consistenza voluta. Rispetto alla farina 00, la farina integrale apporta crusca, vitamina E, vitamine del gruppo B ed una maggiore quantità di sali minerali.

Farina di ceci

Si potrebbe pensare che la farina di ceci risulti adatta unicamente per alcune preparazioni salate, tra cui la cecina toscana, le panelle siciliane o la farinata ligure. In realtà la farina di ceci può essere impiegata anche per la preparazione di pasta fresca, gnocchi, grissini, crespelle, plumcake salati e biscotti dolci (dopo averla sottoposta ad un processo di “denaturazione” tramite calore nel caso dei biscotti e della pasta fresca). È inoltre ottima per la panatura delle verdure e per la preparazione di burger vegetali. La farina di ceci può essere ottenuta in modo casalingo, a partire dai ceci secchi.

Farina di farro integrale

La farina di farro integrale rappresenta un’alternativa interessante non soltanto alla farina 00, ma ad ogni tipologia di farina di frumento, in particolar modo all’interno di una dieta già ricca di prodotti a base di frumento, come la pasta. La farina di farro integrale conserva completamente le proprietà dei chicchi del cereale da cui è ottenuta. È ricca di sali minerali e può essere facilmente impiegata per la preparazione di pane, pasta fresca, torte, biscotti e prodotti da forno in generale.

Farina d’avena integrale

La farina d’avena integrale può essere utilizzata per sostituire altre farine raffinate, in modo tale da ottenere una dieta maggiormente ricca di nutrienti. La farina d’avena è meno calorica ma maggiormente ricca di fibre e con un migliore potere saziante rispetto alla farina di frumento raffinata. Può essere utilizzata, in particolar modo in abbinamento alla farina di farro o alla farina di frumento integrale, per la preparazione di biscotti e plumcake, ma anche del pane, oltre che per addensare le vellutate di verdura o di legumi.

Farina di riso integrale

La farina di riso integrale è una farina completamente priva di glutine. Può essere dunque considerata adatta all’impiego in cucina da parte di coloro che soffrano di intolleranze al glutine, ad esempio per la preparazione casalinga di gnocchi e pasta fresca e per la panatura delle verdure. È inoltre utile in sostituzione della farina di frumento raffinata nella preparazione della besciamella e come addensante per budini e creme dolci. Alcuni cucchiai di farina di riso integrale aggiunti negli impasti delle torte rendono i dolci più soffici.

Farina di mais

Esistono diverse tipologie di farina di mais, dalla farina di mais bramata alla farina di mais fioretto. La farina di mais a granelli più fini può essere utilizzata per la preparazione di piccole piadine o tortillas, in sostituzione della farina di frumento raffinata. Può essere inoltre impiegata, in abbinamento ad altre farine, per la preparazione del pane, di biscotti, grissini e di altri prodotti da forno. La farina di mais è naturalmente priva di glutine. Il suo impiego più noto è legato alla preparazione della polenta.

Farina d’orzo integrale

La migliore farina d’orzo integrale viene ottenuta dalla lavorazione tramite macinatura a pietra dell’orzo decorticato. La decorticatura dell’orzo è indispensabile per eliminare la parte indigeribile del cereale. È ricca di sali minerali, come calcio, fosforo e potassio. Può essere utilizzata per la preparazione di pasta fresca e di alimenti da forno dolci e salati. Poiché non sviluppa glutine, se ne consiglia l’abbinamento con della farina di frumento integrale.

Farina di castagne

La farina di castagne è naturalmente priva di glutine. Essa può essere impiegata come unica farina per la preparazione del castagnaccio o per torte e plumcake, semplicemente sostituendola alla farina 00 all’interno delle normali ricette. La farina di castagne lievita ottimamente nel corso della preparazione delle torte, che risulteranno particolarmente morbide e friabile. In abbinamento alla farina di farro o di frumento integrale si rivela inoltre adatta per la preparazione casalinga di pasta fresca, pane e biscotti.

Farina di quinoa

La farina di quinoa viene ottenuta a partire dalla macinazione dei chicchi di questo pseudo-cereale di origine andina. Si differenzia dai cereali per via del suo contenuto di lisina e per una maggiore ricchezza per quanto concerne la presenza di amminoacidi. La farina di quinoa può essere utilizzata nella preparazione del pane e di dolci da forno lievitati. Può essere impiegata per la preparazione di pasta fresca e di prodotti da forno salati in abbinamento ad altre farine, come la farina di farro o di frumento integrale. È ricca di sali minerali come calcio, ferro e potassio.

Farina di segale integrale

La farina di segale integrale andrebbe maggiormente riscoperta, al di fuori del suo utilizzo per la preparazione del pane nero, tipico di alcune regioni d’Italia. Essa infatti può essere impiegata in abbinamento alla farina di farro o di frumento integrale per la preparazione di diverse tipologie di alimenti, come torte, biscotti e grissini. La farina di segale migliore viene ottenuta tramite la macinazione a pietra.

Speriamo di avervi dato qualche delucidazione in più sulla farina bianca e sul suo consumo, preferendo di gran lunga gli alimenti integrali, purché siano tali, o altre tipologie di farine. In definitiva, cercate di non acquistare farina bianca dai supermercati e rivolgetevi ai punti vendita di prodotti biologici ed ai mulini di fiducia.

fonte: http://www.saturno22.it/web/attenzione-alla-farina-bianca-i-consigli-per-sostituirla/

giovedì 11 settembre 2014

Tre buoni motivi per bere (o non bere) il caffè

 

Quanti caffè bevete, tre al giorno? Di più? Ecco che cosa dovete sapere in base alle più recenti ricerche: per i denti, il sonno, la salute ci sono buone novità. Ma non per tutti.

 

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Pausa caffè? Quasi sempre una buona idea. Senza esagerare, però!

Il caffè, la bevanda più consumata al mondo dopo l'acqua, è uno degli alimenti più studiati dalla scienza. È di pochi giorni fa la notizia che è stato sequenziato il genoma della pianta e tre recenti studi ci raccontano come, e perché, la pausa caffè al lavoro o prima di un pomeriggio di studio può essere (o meno) una buona idea.

10 cose che (forse) non sai sul caffè

1 - Il paese dove si consuma più caffè è la Finlandia, con 12 kg l'anno pro-capite. Mentre quello dove se ne consuma meno è Portorico, con 400 grammi di caffè per ogni persona.
L'Italia è solo al dodicesimo posto della classifica, con 5,9 kg di caffè pro-capite, dopo Svizzera, Canada, Danimarca, Austria, ecc… La media di consumo mondiale è di 1,3 kg all'anno per persona.

2 - La caffeina può uccidere. Ma bisogna bere tra le 80 e le 100 tazze di caffè in un tempo ristretto (circa 4 ore).

3 - Ci sono almeno 1000 di composti chimici nel caffè. Alcuni di essi sono continua fonte di scoperta per la scienza e potrebbero essere usati in futuro per curare malattie cardiache e insonnia. Ma secondo alcuni studi il caffè potrebbe contenere in dosi minime anche una ventina di sostanze cancerogene.

4 - Uno studio del 2008 dell'Università di Lund in Svezia ha dimostrato che bere caffè ridurrebbe il rischio di cancro al seno, almeno per le donne che hanno una variante relativamente comune del gene CYP1A2, che aiuta a metabolizzare estrogeni e caffè.
E nel 2011, la Harvard School of Public Health ha riferito di uno studio su 48.000 uomini, che bevendo sei o più tazze al giorno di caffè hanno ridotto del 60% il rischio del cancro alla prostata.
L'ultima notizia in ordine di tempo segnala il potere del caffè come "antidepressivo": sempre secondo l'Harvard School of Public Health, le persone che consumano dalle 2 alle 4 tazzine di caffè al giorno hanno il 50% di possibilità in meno di togliersi la vita rispetto alle altre.

5 - Intorno all'anno 1000 alcuni commercianti arabi portarono dai loro viaggi in Africa dei chicchi di caffè da cui traevano una bevanda eccitante per ebollizione che chiamavano qahwa ("eccitante"). Da qui alla parola turca kahve e all'italiano caffè il passo è stato breve. Ma c'è chi sostiene che il nome in realtà derivi da Caffa, regione dell'Etiopia dove cresce spontaneamente.
Il caffè si diffuse in Europa soltanto nel XVII secolo con il nome provvisorio di “vino d’Arabia”, per merito dei soliti mercanti veneziani, di casa a Istanbul (capitale dell’Impero ottomano).
Bollato dalla Chiesa come “bevanda del diavolo”, per le sue proprietà eccitanti, fu per anni (preparato “alla turca”, sciolto nell'acqua) una bevanda da taverna. Almeno fino all'alba del ’700, quando i caffè divennero luoghi di ritrovo frequentati da filosofi illuministi.

6 - Il Principe Carlo d'Inghilterra, appassionato di terapie mediche alternative, è un fervente sostenitore dei clisteri di caffè come cura anticancro (fanno parte della cosiddetta cura Gerson che prevede tra l'altro iniezioni di vitamine, ndr). Su Amazon si vende il kit per farli da sé.
Nella foto un fotogramma di un documentario su una donna di St. Petersburg, in Florida, che è diventata "dipendente" dai clisteri di caffè. Lei e il marito ne fanno anche 100 in un mese.

7 - Al compositore Johann Sebastian Bach il caffè piaceva così tanto da dedicargli una cantata: il Kaffeekantate, eseguita a Lipsia, in Germania, tra il 1732 e il 1735.

8 - Secondo uno studio dell'Università del Queensland, pubblicato sul Journal of Science and Medicine in Sport, 14 ciclisti che avevano assunto il caffè un'ora prima di una corsa guadagnavano il 2% in termini di velocità.

9 - Dipende in parte dalla miscela. Le due principali specie di caffè, la robusta e l'arabica non hanno le stesse caratteristiche organolettiche. La robusta può avere il doppio di caffeina dell'arabica (che è più pregiata, ma meno "forte"). E in parte dipende dalla tostatura (o torrefazione) del caffè, il processo di arrostimento.

10 - Esiste un'unica variante di caffè decaffeinato naturalmente: la Coffea charrieriana, originaria del Camerun. Il resto del caffè viene decaffeinato in modo artificiale. Ma in realtà è impossibile eliminare del tutto la caffeina. Secondo uno studio dell'Università della Florida, in 5/10 tazze di caffè decaffeinato si troverebbe lo stesso quantitativo di caffeina presente in una-due tazze di caffè. Dunque in media in una tazzina di decaffeinato ci sarebbe l'equivalente di un quinto o un decimo di quella contenuta in una tazzina di espresso normale. Prima dell’invenzione della moka, nel nostro Paese il caffè si preparava generalmente con caffettiere di tipo napoletano. Questi apparecchi, ancora oggi diffusi in alcune zone dell’Italia meridionale, sono costituiti da due recipienti posti l’uno sull'altro e separati da un filtro riempito di caffè. Quando l’acqua nel cilindro inferiore arriva all'ebollizione, la caffettiera viene tolta dal fuoco e girata. Così l’acqua, per gravità, passa attraverso il caffè macinato e ne estrae aromi ed essenze. Nella moka il processo di estrazione è analogo, ma più veloce. Infatti è il vapore surriscaldato a spingere velocemente l’acqua bollente attraverso il filtro. Così, in meno di un minuto, il caffè viene estratto e riversato nella parte superiore. Qual è il sistema migliore? Quello “napoletano”, perché il filtraggio è più lento e l’aroma del caffè è meno alterato dal contatto con l’acqua surriscaldata.

 

caffè+pisolino. La prima notizia è perfetta per chi ha l'abitudine di bere il caffè dopo il riposino pomeridiano. Sbagliato: il caffè va bevuto prima. Secondo diversi studi, tra i quali uno della Loughborough University (Regno Unito), la caffeina, contrariamente a quanto si crede, non ci impedisce di dormire, anzi, ci fa riposare meglio. Un caffè e un pisolino, insomma, sono il modo migliore per affrontare il resto della giornata. La spiegazione scientifica è questa: la caffeina inibisce l'adenosina, la sostanza chimica che provoca sonnolenza. L'effetto energizzante della caffeina, però, arriva dopo 20 minuti. Ecco dunque che per godere al meglio di questo effetto, è consigliabile bere il caffè prima del pisolino. Per svegliarsi dopo 20 minuti riposati, ricaricati e concentrati.

 

Denti più sani.  Che la caffeina macchi i denti, si sa. Ma adesso uno studio della Boston University Henry M. Goldman School of Dental Medicine, ci dice che ha un ruolo importante nella nostra salute dentale: gli antiossidanti contenuti nel caffè avrebbero effetti protettivi contro le malattie della bocca, aiutando nella riduzione del numero di perdita ossea parodontale. Gli scienziati sono arrivati a questa conclusione esaminando i dati di 1.152 pazienti di visite odontoiatriche iniziate nel 1968.

Pressione alta. Chi soffre di pressione alta dovrebbe scegliere il decaffeinato. O quantomeno non consumare più di tre tazzine al giorno. Contrariamente a quanto affermato da studi precedenti il caffè non abbasserebbe il rischio di diabete di tipo 2, anzi, lo aumenterebbe. Lo sostiene una ricerca italiana condotta presso l'Ospedale di San Daniele del Friuli di Udine, secondo la quale sarebbe a rischio chi soffre di ipertensione ed è "predisposto geneticamente".

Gli studiosi hanno sottoposto 639 bevitori di caffè ipertesi tra i 18 e i 45 anni al test del genotipo CYP1A2 (enzima che metabolizza la caffeina): il 42% ha metabolizzato velocemente la caffeina, il 58% l'ha invece metabolizzata lentamente e, in questi soggetti, è stato riscontrato un aumento di glucosio nel sangue. Nel corso di sei anni, al 24% dei soggetti è stata diagnosticata una forma di pre-diabete: chi assumeva da uno a tre caffè al giorno rischiava il 34% in più; chi ne assumeva di più, ed era lento metabolizzatore di caffeina, rischiava addirittura il 50%.

fonte

mercoledì 3 settembre 2014

Nuovo Sito dedicato a Pierluigi Ighina (adesso online)

 

ricordate ighina.66ghz.it  ….. ecco la nuova versione 2014 completamente nuovo e prossimamente con

grosse novità in arrivo..

Immagine

http://ighina.xoom.it/

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